La mia esperienza di Servizio Civile inizia in cartiera. L’ex Cartiera Latina, oggi sede del Parco Regionale dell’Appia Antica, un tempo un importante stabilimento della capitale, tra i maggiori produttori di carta a Roma.
Arrivato in Cartiera mi ha subito colpito lo Stazzo: una fedele riproduzione di un capanno usato come ricovero dai Pastori Laziali nel periodo di transumanza. A pianta ovale, con un solo accesso, si presenta esternamente con una copertura spiovente priva di finestre, formata da canne di Arundo donax, sorrette internamente da una struttura di pali di castagno.
Sulla sommità del tetto si aprono 2 fessure, che permettono l’uscita del fumo generato dal fuoco. Il fuoco non a caso occupa la posizione centrale all’interno del capanno. Infatti oltre a trovarsi precisamente sotto le finestre per il fumo, la sua posizione centrale testimonia l’importanza che aveva per gli abitanti del capanno; il fuoco era fondamentale per cucinare, per riscaldarsi, per diminuire l’umidità e la presenza di insetti tra le canne del tetto, ma era anche il luogo intorno al quale ci si riuniva la sera, dove gli anziani tramandavano ai più giovani i loro saperi.
L’OLP del mio progetto, Cesare Lauri, già da tempo voleva rendere lo stazzo più accessibile e aveva iniziato a bordare, con sampietrini, il focolare centrale. Si doveva pensare ad una soluzione più rapida e meno faticosa per completare tutto il pavimento. Allo stesso tempo dovevamo utilizzare un materiale che anche i pastori Laziali dell’epoca potevano facilmente reperire. Ci venne in mente il Tufo, roccia piroclastica molto frequente nell’Agro Romano. Poche settimane dopo, grazie al Parco Regionale dell’Appia Antica, sono arrivati due camion carichi di blocchetti di tufo di circa 25x50x10, e finalmente abbiamo iniziato la costruzione del pavimento.
Una volta stabilita la sequenza di posizionamento, siamo passati alla battitura e al livellamento del terreno, dopodiché il mio OLP ed io, con tanta pazienza, come in un mosaico, abbiamo appoggiato, alternando, blocchetti di tufo e sampietrini, rispettando la sequenza stabilita e mantenendo il cerchio di sampietrini intorno al fuoco. Dopo qualche settimana il pavimento era completato.
Il pavimento era pronto, ora… mancava l’arredo.
Con l’aiuto di Giada, Chiara e Valeria, le mie colleghe del servizio civile e del loro OLP, ci siamo impegnati nella ricerca di oggetti, utensili, mobili che venivano utilizzati dai Pastori transumanti.
Ad esempio abbiamo costruito la “Rapazzola”, la branda di legno situata lungo il perimetro interno del capanno.
Abbiamo allestito l’interno di tavoli, sedie, ceppi, pentole, tegami, oggetti tradizionali come il “Maglio”, piccola clava di legno utilizzata dai Pastori per battere la palizzata di recinzione del gregge; la “Vrasera”, una padella di rame utilizzata come contenitore di braci da posizionare sotto il letto e la “Madia”, una cassa di legno dove si conservavano gli alimenti.
Concluso l’allestimento è stato necessario munire il capanno di corrente elettrica, che alimenta due piccole lampadine, utili per rendere l’ambiente luminoso e fruibile per scopi didattici. Si è inoltre approfondita la vita quotidiana dei transumanti: attraverso gli incontri in archivi pubblici, privati, biblioteche e grazie a fonti orali, abbiamo analizzato gli usi e costumi della tradizione transumante Laziale e non solo.
Il nostro lavoro non si è limitato a valorizzare il capanno. Nei primi anni del ‘900, in Italia, si inizia la lotta all’analfabetismo: i “Maestri Itineranti” si spostano nei centri rurali e nei villaggi dei Pastori Transumanti, per insegnare ai bambini a contare, a leggere e a scrivere. Nascono i “Capanni Scuola”, spesso utilizzando vecchi fienili, dove i maestri riunivano i bambini per fare lezione. Vicino allo Stazzo abbiamo costruito il tetto ad un capanno già presente, allestendolo come “Capanno Scuola”, inoltre abbiamo costruito un tavolo espositivo, per mostrare le fotografie delle scuole contadine dell’epoca.
Oggi lo Stazzo ed il Capanno scuola, sono visitati quotidianamente da scolaresche, gruppi in visita e turisti. Sono molto contento di aver partecipato a questo progetto che valorizza la cultura pastorale laziale, spesso poco conosciuta, ma parte integrante della nostra storia. Approfitto per ringraziare Giada, Chiara, Valeria e i nostri OLP, per la collaborazione e per la capacità di instaurare un gruppo di lavoro produttivo ed unito.
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